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FORMAZIONE APPRENDISTI IMPIEGATI

Il gruppo di lavoro
Obbiettivi del gruppo di lavoro
Note metodologiche
Avvertenze all'utilizzazione dei percorsi didattici e dei moduli progettati
Note di suggerimento per l'implementazione del progetto
Un contributo personale del coordinatore

  IL gruppo di lavoro
Il gruppo di lavoro è stato costituito, su mandato del Formedil Nazionale, dal Formedil Regione Lombardia, e si è insediato il 19.01.99 dopo un incontro preparatorio svoltosi a Milano nel dic. 98 alla presenza dell’ arch. Giovanni Carapella e della dott.ssa Rossella
Martino del Formedil Nazionale
Il gruppo, coordinato da
ESPE di Como dott. arch. Vincenzo Colardo coordinatore
è composto dai seguenti Enti Scuola Lombardi che ne hanno nominato i rispettivi incaricati nelle seguenti persone:
ENTE SCUOLA EDILE DI BERGAMO: ing. Ivan Barcella.
ENTE SCUOLA EDILE DI BRESCIA: arch. Aldo Palladini.
ESPE - ENTE SCUOLA EDILE DI COMO: dott. Antonio Moglia, p.e. Pietro Millesimi, geom. Francesco Ferrario, geom. Giorgio Migliavada.
ENTE SCUOLA EDILE DI CREMONA: geom. Giuseppe Meola, sig. Luigi Lipara.
ESEM - ENTE SCUOLA EDILE DI MILANO: arch. Ennio Rigamonti.
ESEDIL - ENTE SCUOLA EDILE DI PAVIA: geom. Valerio Folcato.
ENTE SCUOLA EDILE DI VARESE - CPT VARESE: sig. Pierangelo Reguzzoni
La progettazione dei singoli moduli è stata curata dagli incaricati delle seguenti scuole edili


Modulo A : Como
Modulo B : Varese + Cremona
Modulo C : Milano
Modulo D : Milano
Modulo E : ==
Modulo F : Como
Modulo G : Como
Modulo H : Como + Milano
Modulo I : Bergamo +Milano
Modulo L : Bergamo
Modulo M : Bergamo + Cremona + Varese
Modulo N : Brescia
Modulo O : Milano
Modulo P : Como + Cremona
Modulo Q : Brescia
Modulo R : Como
Modulo S : PAVIA

  Obbiettivi del gruppo di lavoro
Trattandosi di un progetto sperimentale, il gruppo di lavoro, si è posto in generale l’obiettivo di contemperare una doppia esigenza:
1. da un lato quella di fornire un progetto sufficientemente articolato e dettagliato, che potesse costituire una sicura traccia di riferimento per l'attuazione dei moduli formativi previsti,
2. dall'altra quella di far sì che il progetto, al di là di ogni velleitarismo, fosse al tempo stesso sufficientemente flessibile ed adattabile alle singole realtà locali, pur nei limiti definiti da un quadro generale. Il progetto, infatti in quanto sperimentale, potrebbe far sorgere la tentazione di andare a definire le azioni formative fin nei minimi dettagli, con ciò correndo il rischio non solo di una eccessiva rigidità, in definitiva di una sua scolasticizzazione, ma anche di commettere un errore metodologico.
Il gruppo si è posto poi obiettivi definibili di breve, medio e lungo periodo
Quelli di breve periodo:
fornire lo schema generale dei percorsi formativi, separatamente per impiegati tecnici ed ammnistrativi, composti dai diversi moduli,
definire per ogni modulo formativo gli obiettivi generali e i contenuti in modo da costituire un sicuro riferimento per tutte le scuole edili coinvolte nel progetto.
Per il medio periodo:
realizzare il censimento dei supporti didattici utili e disponibili, attraverso la diffusione di un questionario da sottoporre alle scuole edili, e i cui risultati saranno raccolti in una banca dati che sarà posta a disposizione di tutti. Va da sé la ovvia considerazione che ove siano stati predisposti supporti didattici lì è presumibile che vi sia anche un patrimonio di conoscenze attivabili
Presentare il progetto e renderlo trasferibile in rete internet tramite il Formedil
Per il lungo periodo:
Fornire tutto quanto sarà ritenuto utile per l’implementazione del progetto, il tutto da definirsi anche in funzione dei risultati del questionario e delle necessità che si riveleranno più urgenti.
organizzare sia un monitoraggio che uno scambio di informazioni tra le scuole che attuano il progetto, sui suoi esiti attuativi, preferibilmente su base telematica e per i momenti di sintesi più significativa in riunione plenaria,
programmare le opportune azioni per il miglioramento continuo del progetto, e ciò sia in generale per l'intero corso, sia in modo più specifico per i singoli moduli

  Note metodologiche
Il gruppo di lavoro ha operato su un mandato abbastanza ampio, secondo la seguente metodologia:
1. Riesame collegiale delle esigenze, esplicite ed implicite, dei Committenti (Formedil e Ministero) e degli Utenti, anche alla luce delle finalità del progetto e delle normative di riferimento vigenti
2. Riesame collegiale dei 15 moduli individuati in linea di massima nel progetto sperimentale approvato dal Ministero e dei nuovi 5 moduli, emersi in fase di progettazione esecutiva, con il proposito di:
  Verificare gli obiettivi generali perseguibili attraverso i singoli moduli, dati i tempi stabiliti di 24 ore/modulo
  Individuare le eventuali carenze di contenuto nel quadro complessivo del progetto e proporre possibili integrazioni
  valutare la possibilità di contenere gli argomenti previsti nel tempo imposto di 24 ore/modulo
  Verificare della corretta titolazione dei singoli moduli2.4. Verificare della corretta titolazione dei singoli moduli
  Attribuire i singoli moduli ai percorsi formativi dei tecnici o degli impiegati
3. Affidamento ai componenti del gruppo designati dalle singole scuole dell'elaborazione dei singoli moduli per la puntuale definizione:
  dei contenuti tematici
  della loro articolazione nelle singole unità didattiche
  delle metodologie didattiche suggerite
  delle strumentazioni, della logistica e dei docenti da impegnare nell'attività
4. Verifica collegiale delle elaborazioni svolte secondo gli indirizzi illustrati al punto precedente condotte esclusivamente per evitare una sovrapposizione o duplicazione di contenuti.
5. Definizione collegiale dei definitivi percorsi formativi, separatamente per impiegati tecnici ed amministrativi, attraverso l’aggregazione degli specifici moduli (in parte obbligatori ed in parte facoltativi)
Ovviamente tutto ciò non può essere e non deve essere considerato esaustivo, ma piuttosto un primo passo che dovrà costituire materia di successiva riflessione ed approfondimento da parte del gruppo e del Formedil per un miglioramento che potrà essere apportato anche attraverso quel lavoro di riscontro e di validazione da parte delle scuole edili che attueranno il progetto.

 
Avvertenze all'utilizzazione dei percorsi didattici e dei moduli progettati

I percorsi didattici formalmente organizzati sono tre:

  • per impiegati amministrativi,
  • per tecnici prevalentemente di cantiere
  • per tecnici prevalentemente gestionali
E' quindi possibile orientare il percorso formativo non solo in funzione delle esigenze generali, ma anche in funzione delle esigenze dell'aula, scegliendo tra i vari moduli disponibili quelli più rispondenti alle specifiche necessità.
I moduli sono stati elaborati senza perdere mai di vista il quadro complessivo di riferimento, assicurando quindi la loro integrazione ed evitando, per quanto possibile, inutili sovrapposizioni di contenuto. Si sono anche tenute in considerazione le necessarie integrazioni tra le figure di impiegati amministrativi e tecnici.

I moduli progettati vanno utilizzati con alcune avvertenze
1. I "contenuti" dei singoli moduli sono solo quelli strettamente operativi. Potrebbe apparire forse superfluo, ma si ritiene utile sottolineare che sarà opportuno prevedere, da parte dei singoli attuatori, almeno due accortezze:
   

La prima di carattere generale, riferite all’intero corso, reperendo

il necessario spazio da dedicare all'accoglienza (illustrazione generale del corso, rinforzo della motivazione, stimolo della curiosità dei partecipanti, ecc…),

spazi intermedi e finali di riflessione sulle attività attuate per raccogliere i necessari elementi di valutazione che dovranno far parte di un monitoraggio globale

    La seconda è di carattere particolare, riferita ai singoli moduli. Come dicevamo, i contenuti ed i tempi sono stati riferiti strettamente agli elementi di natura conoscitiva. Anche in questo caso occorrerà prevedere sia adeguati momenti introduttivi che di validazione finale per consentire un miglioramento continuo del progetto.
2.   Appare altrettanto ovvio suggerire che, pur nel rispetto dei tempi previsti dai moduli, la programmazione didattica, dovrà essere necessariamente articolata, in modo da garantire (ad esempio) l'alternanza di docenti, di argomenti, di metodologie didattiche (lezione frontale, esercitazione assistita, simulazione, role-playing, ecc), in funzione della curva di attenzione, dell'interesse dell'aula, ecc.
3.   Infine, detto per inciso, sarebbe poi opportuno iniziare a pensare ad una adeguata formazione dei docenti. Ricordiamo infatti, che, specificamente nella formazione di apprendisti impiegati, siano essi tecnici o amministrativi, i docenti si rivolgono a persone provenienti dalla scuola media superiore, e nella formazione continua a persone maggiorenni, e pur se sappiamo che i processi di apprendimento non differiscono tra il bambino e l'adulto, sappiamo però che le metodologie didattiche da adottare (e soprattutto il comportamento del docente) per favorire il processo di apprendimento sono ben diverse. Se le scuole edili hanno sviluppato le loro principali competenze formative prevalentemente nella formazione di base, ed in genere nella formazione di adolescenti, è forse giunto il momento per un riorientamento mirato.

  Note di suggerimento per l'implementazione del progetto
E' indubbio che la riforma dell'obbligo scolastico, e le nuove caratteristiche del contratto di apprendistato, accresceranno e modificheranno i principali equilibri del sistema formativo, sia della formazione professionale in generale, che della formazione edile in particolare.

L'occasione offerta dall'attuazione del Progetto Sperimentale può rivelarsi una valida opportunità per sviluppare maggior coesione tra le scuole del sistema Formedil, favorire la formazione di nuove competenze, promuovere sinergie e qualità nel settore.

Non dimentichiamo però che prima vanno risolte a monte alcuni nodi essenziali come quello dell'"accreditamento" previsto dalla recente normativa sulla riforma della Formazione Professionale.Nello specifico, il progetto può trovare una apprezzabile forma di diffusione e di sviluppo attraverso i nuovi strumenti telematici (Internet), in modo che sia accessibile in tempo reale dalle singole scuole, quindi è possibile :
1.   Rendere disponibile
  il progetto generale ed i suoi moduli
  la banca dati dei materiali didattici di supporto per tutte le scuole edili
2.   Implementarlo attraverso
  La raccolta di suggerimenti, contributi critici, le riflessioni che scaturiranno sull'argomento anche a seguito della sua attuazione
  La valutazione dei risultati di monitoraggio in itinere e di validazione delle attività attivate
  Lo sviluppo degli aggiornamenti, implementazione e miglioramento del progetto e dei suoi moduli
  L’avvio anche di moduli per una formazione a distanza, attraverso la disponibilità in rete intranet:

  Un contributo personale del coordinatore
Nell'intraprendere questo compito, nel corso del suo sviluppo, ed a conclusione di questa prima fase, mi sono trovato più volte a riflettere su alcune questioni che avevo nel tempo sedimentato, attraverso la partecipazione, tra gli altri, ad alcuni importanti (per me) momenti formativi sviluppati prima con la SDA Bocconi di Milano e recentemente con il Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Università di Padova, e che mi è parso opportuno porre a disposizione degli interessati.
Cosa vuol dire preparare alle soglie del 2000 ad un progetto sperimentale per apprendisti?
Per iniziare a rispondere mi è sembrato opportuno rifarmi alla evoluzione di questa forma nel tempo.
Per millenni gli unici "apprendisti" sono stati individui adulti o tutt'alpiù adolescenti.
Se guardiamo alla "storia" dell'apprendistato dobbiamo registrare che fin dall'antichità, e segnatamente poi dagli inizi del XIX secolo, l'adolescente (o l'adulto) che volesse assumere il ruolo di allievo si ritrovava a fare "l'apprendista" in una bottega, una fabbrica o un’università.
La persona che doveva istruirlo non era un professionista dell'insegnamento, ma, secondo i casi, un artigiano, un tecnico, o uno scienziato, a cui non interessavano le modalità con cui l'apprendista imparava: quello che contava era che imparasse a fare quello che gli si chiedeva di fare e basta.
C'è da chiedersi se comunemente oggi ci troviamo in una situazione molto diversa da quella del passato.
Ma come è evoluta la formazione?
Nell'antichità essa era sicuramente intesa come un progetto unitario e globale di pensiero, e le "scuole" erano animate collettivamente da gruppi di adulti che vi si riconoscevano ed implicavano attivamente.
Interessante ricordare che etimologicamente la parola "scuola" deriva dal greco “scholê” che significa ozio, riposo, agio, svago, ed i verbo “scholàzein” si traduce con: avere il tempo di occuparsi di una cosa per divertimento.
Inutile far paralleli con la scuola moderna spesso luogo di fatica, noia e costrizioni.
Secondo i grandi maestri ( Confucio, Lao-Tse, Socrate, Platone, Aristotele, ecc.) l'unica forma di apprendimento era l'investigazione attiva, la lezione ex-cathedra non aveva corso, se non come arringa o sermone nelle piazze o nei templi.
Il pensiero moderno, nato intorno al XIV secolo, e tuttora imperante, ha disarticolato le tre originarie componenti fondamentali del conoscere:
  • arte (tèchnê) abilità nel fare
  • scienza (epistémê) sapere, conoscenza
  • virtù (aretè) giudizio

che per il pensiero classico, erano assolutamente indissociabili.
La nascita poi nel XVII secolo della scuola pubblica, governata dallo Stato (rivolta ai bambini), e fondata su tali principi ha definitivamente spezzato il progetto educativo globale classico, per frammentarlo in tante tappe separate tuttora da barriere istituzionali (formazione di base, iniziale, continua, permanente, …)
Nella scuola moderna in genere l'allievo è solo richiesto di "sapere certe cose", poco importa se saprà anche "come farle" e tantomeno se sarà in grado di giudicare se "sono giuste"; anzi queste tematiche sono giudicate non pertinenti (se non impertinenti), anche per gli insegnanti.
Il tempo è frammentato da campane che scandiscono intervalli misteriosamente arbitrari, che non corrispondono ai ritmi dell'attenzione o dell'interesse (e neanche alle ore d'orologio) e soprattutto, che obbligano ogni volta a cambiare argomenti, compagni di lavoro, fonti e docenti di riferimento.
Sorvolando sulla qualità degli spazi e delle strutture disponibili, ricorderemo solo che i programmi, le tematiche, i problemi, le informazioni e le competenze non sono certo scelte in funzione dello svolgersi degli interessi effettivamente attivati o attivabili, ma sono imposti da autorità il più delle volte sconosciute o irraggiungibili.
Vedremo se, cosa e come cambierà con le recentissime riforme in itinere.
Ma non sono forse questi i principali motivi che hanno portato e mantengono tuttavia una pesante discrasia tra il mondo "scolastico" ed il mondo del "lavoro"?
Nasce dunque da esigenze complesse la necessità di formazione in ambito organizzativo
Ma come si è sviluppato il concetto di Formazione Continua?
La Formazione Continua, intesa come impresa educativa mirante all'aggiornamento ed allo sviluppo delle competenze individuali e collettive all'interno di un'organizzazione professionale o produttiva, si impone all'attenzione solo recentemente, nell'ultimo quarto di questo secolo.
Fino alla seconda guerra mondiale, la necessità pratica della Formazione Continua non era affatto considerata.
La formazione professionale era concepita soltanto come formazione iniziale.
Anzi all'inizio, dato il basso livello di qualificazione richiesto agli operai, ed in genere anche agli impiegati degli uffici, un semplice e rapido addestramento sul posto di lavoro era considerato sufficiente.
L'addestramento non veniva affidato ad istruttori professionalmente preparati, esso avveniva per semplice "immersione" nell'ambiente di lavoro.
Nel migliore dei casi, un breve complemento veniva organizzato nella scuola di base per favorire l'entrata nel mondo del lavoro: queste classi erano chiamate di "avviamento".
Le prime scuole di formazione professionale tecnica sorgono in Europa a partire dagli anni '50, ma vengono considerate ancora appartenenti alla scuola di base.
Negli anni '60 l'accelerazione evolutiva del processo tecnologico e produttivo da un lato, e l'insorgere di rivendicazioni sindacali dall'altro, fanno prendere coscienza della necessità di fornire ai dipendenti d'impresa occasioni per i primi "corsi di aggiornamento professionale"
Nasce così sotto questa veste la prima versione della Formazione Continua.
Vi è poi lo scossone del '68 e l'innesco negli anni '70 di quel processo sempre più accelerato di interconnesione, globalizzazione e mondializzazione degli affari umani nel quale oggi siamo sempre più ampiamente immersi.
La conseguenza fondamentale di questi fenomeni è l'irriducibile imprevedibilità dei mercati, delle economie e delle politiche.
Siamo agli anno '80.
La formazione continua abbandona la veste dell'aggiornamento.
In un tale contesto occorre insegnare ai collaboratori non più o non solo a rispettare dei manuali, delle procedure, ma a risolvere dei problemi sempre nuovi e a gestire dei progetti che vengono continuamente messi in discussione.
La formazione continua mira allora non più soltanto a dei saperi tecnici, ma anche a dei cambiamenti comportamentali.
L'impiegato diventa una "persona", non più soltanto un costo per l'impresa ma una risorsa: nasce il concetto di "risorsa umana".
Sorge poi l'esigenza di coltivare non soltanto le competenze personali, ma anche quelle collettive, quelle che fanno si che l'azienda sia effettivamente un'impresa, intesa non più come una somma provvisoria ed accidentale di interessi e competenze personali, ma comuni: l'impresa che apprende (learning organizzation)
E chiudiamo quindi il cerchio ritornando alla nostra prima domanda:
Cosa vuol dire preparare alle soglie del 2000 ad un progetto sperimentale per apprendisti?
E l'apprendista impiegato è un adolescente o un adulto?

I nostri allievi "apprendisti" sono sicuramente provenienti da un istituto medio superiore e normalmente sono maggiorenni.
Anche se l'adultità sarebbe un concetto interessante da approfondire, qui il problema ci interessa in maniera diretta non in termini accademici, ma per definire una relazione tra le modalità di apprendimento e le metodologie didattiche da adottarsi.

Nelle teorie della formazione, così come sedimentatesi nei secoli, occorre attendere l'inizio del XIX secolo perché compaiano le prime teorizzazioni sull'apprendimento adulto formulate da Knapp (andragogia) e da Herbat, per giungere a quelle del sociologo Rosenstock, che intorno al 1920 teorizza come indispensabile applicare specifiche metodologie didattiche per gli adulti, per arrivare infine agli anni '70 quando il termine "andragogia" viene sostituito da "educazione o formazione degli adulti".
Ed è soprattutto il contributo del costruttivista Piaget e dei suoi epigoni a porre dei punti fermi sulle modalità di apprendimento:
1. Sullo sviluppo dell'intelligenza

  • Piaget, aveva già spiegato che lo sviluppo dell'intelligenza (la forma più evoluta di adattamento) sia nel bambino che nell'adulto, altro non è che il passaggio da strutture operative più semplici ad altre più complesse, e come sia "l'interazione dialettica tra assimilazione e processi di accomodamento che sviluppa la proprietà adattiva nel comportamento cognitivo", e poi mostra come " ..è adattandosi alle cose che il pensiero si organizza, ed è organizzandosi che struttura le cose".

2. Sull'interazione tra sistemi biologici:

  • Nel '75 Piaget afferma che "un sistema biologico (Piaget è un biologo) o cognitivo, può interagire in modo costruttivo solo con quei sistemi con cui ha già deciso di interagire". Tutto ciò significa che il docente deve modellare il suo intervento sulle potenzialità concrete del discente non solo per ragioni motivazionali, ma addirittura per ragioni biologiche

3. Sull'ambiente di apprendimento

  • Se l'ambiente viene definito come "l'insieme di vincoli in seno al quale l'organismo si trova ad operare", ciò rivoluziona la figura dell'insegnante: non più "istruttore", ma "componente", insieme a molteplici altre, dell'ambiente entro il quale l'allievo deve cercare di conservare la propria autonomia.
  • Differenza fondamentale tra la Pedagogia Tradizionale e la Peda-andragogia Attiva è il ruolo attribuito all'ambiente-insegnante nella spiegazione dei processi evolutivi:
    • per la Pedagogia Tradizionale l'ambiente insegnante è la causa dell'adattamento-apprendimento
    • ß per la Peda-andragogia Attiva l'adattamento-apprendimento è la risposta attiva ed autonoma dell'allievo ai vincoli che l'ambiente insegnante gli impone.
    Secondo questa teoria l'insegnante non ha alcun mezzo per sapere in precedenza in che direzione si orienterà il processo apprendimento che egli cerca di provocare.
    Ogni volontà di programmazione delle tappe di uno specifico apprendimento sarà dunque inevitabilmente alienata rispetto ai processi effettivi di elaborazione della conoscenza, e ciò vale sia per l'adulto che per i bambini.

Ultimamente, sviluppando le teorie di Piaget, la Psicologia Culturale (Fabbri & Munari 1984) ha sostenuto che lo sviluppo cognitivo è una produzione reciproca tra il soggetto e il suo ambiente fisico e sociale. Ciò significa che ogni apprendimento è sempre accompagnato da cambiamenti, spesso profondi, che intaccano l'intera personalità, e ciò sia per l'adulto che per il bambino.
Per la Psicologia Culturale non c'è differenza nell'apprendimento adulto e bambino: la conoscenza è sempre una decisione strategica, che implica la totalità della persona nel suo modo di ragionare, percepire, sentire, giudicare.
Inoltre, il carattere tipicamente contestuale e contingente dei criteri che possono guidare tale decisione può rendere assolutamente imprevedibile la direzione verso la quale si può orientare l'evoluzione cognitiva del soggetto, nel nostro caso dell' "allievo"
Possiamo allora distinguere tra Educazione e Formazione?
Si direbbe di no.
Anche se questa distinzione, è oggi molto diffusa oltreoceano, ed anche in Italia, ed è abbastanza frequente l'uso del termine "formazione" per indicare che l'azione in atto non coinvolge “totalmente” il formando, per cui l'uso di questi termini sottintende:

  • per Formazione (training) : che esse ha come obiettivo principale "solo" l'addestramento (più facilmente, immediatamente e oggettivamente misurabile)
  • per Educazione (development) : che essa ha come obiettivo principale il "vero" sviluppo risultante da un processo di autentico apprendimento (non più facilmente, né immediatamente, né oggettivamente misurabile)


Ma, per quanto abbiamo appena detto, sappiamo che le frontiere tra addestramento ed apprendimento (formazione/educazione) in realtà non sono così nettamente definite ed anzi sfumano in un continuum, un mix, in cui questi aspetti sono sempre presenti ma di volta in volta in misura diversa.
In definitiva cosa caratterizza la formazione che ci apprestiamo ad erogare?
Certamente le metodologie didattiche applicabili per l'adulto.
Knowles, una delle figure più note nel campo della formazione dell'adulto, nel 1973 pubblica un lavoro (the adult learner: a neglected species) in cui sostiene che l'insegnamento rivolto all'adulto deve differenziarsi da quello normalmente praticato nella scuola per almeno sei ragioni di seguito riassunte:

1) L'adulto non accetta di mobilitare le proprie energie per apprendere, se non percepisce chiaramente il senso e l'utilità che può avere per lui l'apprendimento che gli viene proposto
2) L'adulto si considera una persona autonoma e responsabile, e tollera difficilmente che gli si imponga un modo di fare e degli obiettivi senza che questi siano stati preventivamente discussi e negoziati con lui
3) L'adulto è portatore di un bagaglio importante di esperienze, a cui è affezionato e che si è già dimostrato utile per risolvere la maggior parte dei problemi, l'apprendimento propostogli deve dunque potersi integrare o comunque tener conto di questo bagaglio esperienziale
4) L'adulto si implicherà nel processo di apprendimento soltanto quando la sua situazione professionale o personale gli avrà fatto percepire e comprendere la necessità di farlo
5) Il modo di apprendere dell'adulto non è centrato su contenuti, temi o problematiche astratte, ma su casi concreti e procedure di azione effettiva
6) La motivazione principale per la quale un adulto apprende è il desiderio di una maggiore autonomia e la ricerca della realizzazione personale; diplomi, guadagni o promozioni possono essere degli incentivi, ma solo secondari.

Knowles propone anche di sostituire il termine di " insegnante " con il termine di “facilitatore "
In definitiva Knowles, come i maestri dell'antichità, considera l'apprendimento come frutto di una ricerca attiva ed autonoma, suggerita dal maestro-facilitatore, ma mai completamente guidata e controllataConsiderazioni
Non vorrei trarre conclusioni, meglio sarebbe avviare un momento di approfondimento collegiale su queste ed altre tematiche della formazione.
Mi è sembrato opportuno, e forse necessario, rendere nota questa serie di appunti da me raccolti ed esposti in maniera forzatamente approssimativa, esponendomi magari a qualche rischio di incomprensione o accusa di leggerezza: d'altro canto non mi proponevo di dare lezioni.
Mi è parso che queste concezioni in realtà, per la loro forza, e vista l'autorevolezza delle fonti da cui derivano, possono stravolgere completamente la concezione e le pratiche della progettazione formativa e dell'insegnamento come comunemente inteso
E poi dovrebbero farci riflettere molto sulle pratiche che anche noi stessi, adottiamo correntemente nella preparazione e nell'erogazione delle azioni formative, che in un futuro, quanto mai prossimo, dovremo forzatamente riorganizzare e riqualificare.
Tutto ciò, potrà allora, col contributo attivo di tutti gli interessati:

  • rafforzare il sistema del Formedil
  • promuovere una positiva evoluzione del sistema formativo edile nel suo complesso, verso una più ampia e diffusa qualificazione
  • fornire un contributo concreto allo sviluppo del settore edile mettendolo in grado di reggere le sfide del mercato, e che sarà tanto più apprezzato ed indispensabile in quanto più qualificato ed efficace


Vincenzo Colardo